Il tuo browser non supporta JavaScript!
Vai al contenuto della pagina

Quel « potere infetto » e pure contagioso

Recensione di: Il Padrino dell'Antimafia
04.09.2019
Capita molto raramente di prendere in mano un libro e non darsi pace finché non lo si finisca di leggere. Questo ultimo saggio di Bolzoni, giornalista di Repubblica che da una vita scrive di mafia, riesce a stupirci su due fronti. Per gli addetti ai lavori è una fonte immensa di notizie sul quel mondo intricatissimo della criminalità organizzata, con i risvolti di collusione con la cosa pubblica; e qui la sorpresa, ghiotta, è i nomi che molti di noi mai  avrebbero pensato coinvolti con l’illegalità mafiosa, più di colletti bianchi che di fucili a canne mozze. L’altro fronte è quello dei lettori digiuni di mafia e politica: che sia un’ottima inchiesta giornalistica o un’opera di fantasia, gli ingredienti del thriller intrigante e pieno di sorprese ci sono tutti.

Per leggere l'intero articolo, scarica l'allegato.

Il Padrino dell'Antimafia

una cronaca italiana sul potere infetto

di Attilio Bolzoni

editore: Zolfo Editore

pagine: 312

Un siciliano che è “nel cuore” di un boss di Cosa Nostra diventa misteriosamente il faro dell’Antimafia italiana. Il delitto perfetto.Con la complicità di ministri dell’Interno e alti magistrati, di spie e generali, Calogero Antonio Montante in arte Antonello è il personaggio che più di ogni altro segna l’oscura stagione delle “mafie incensurate” che dettano legge dopo le stragi del 1992. Simbolo della legalità per Confindustria e a capo di una centrale clandestina di spionaggio, fra affari e patti indicibili la sua storia fa scorgere un pezzo d’Italia con il sangue marcio. Chi è davvero Montante? Solo il prestanome di un sistema imprenditoriale criminale? Il pezzo “difettoso” di una perfetta macchina di potere? È pupo o puparo? Ma c’è un intrigo nell’intrigo: le telefonate del Presidente. Qualcuno sospetta che nelle mani di Montante siano finite le registrazioni delle conversazioni fra l’ex Capo dello Stato Napolitano e l’ex ministro Mancino, quei quattro colloqui agli atti del processo di Palermo sulla trattativa Stato-mafia che la Corte Costituzionale aveva ordinato di distruggere.   da REPUBBLICA.IT
18,00

Inserisci un commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati con un asterisco*

Inserire il codice per il download.

Inserire il codice per attivare il servizio.