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Le mie prigioni - Luigi Pagano, quarant’anni dietro le sbarre

Recensione di: Il direttore
03.12.2020
Fra tutte le storie dell’avventurosa vita di Luigi Pagano, direttore di molte carceri italiane, portabandiera, teorico, capomastro e operaio del recupero dei delinquenti fino alla restituzione alla società, quella che mi ha fatto davvero raggelare non è la più sanguinosa (che dopo vi racconto): è invece il giorno in cui un detenuto lavorante al carcere di Pianosa con grande gentilezza disse a sua moglie, che era incinta, «le madri non dovrebbero mai morire». Erano le parole di un uomo che aveva ammazzato la mammae sterminato il resto della famiglia. Come si gestisce la confusa concentrazione di male che si trova nelle carceri, l’inestricabile varietà degli uomini, un reato diverso per ciascuno, quelli che hanno sbagliato una sola volta, quelli che hanno fatto apposta, gli psicopatici, i furbi, gli irriducibili, gli stupidi? Pagano, che è in pensione da un anno e mezzo, ha raccontato tutto del suo complicato mestiere, aneddoti, tragedie, burocrazia, tipi umani, nell’autobiografia "Il direttore - Quarant'anni di lavoro in carcere".
«La società civile»,haspiegato in infinite interviste, «tende a rimuovere il carcere dal proprio universomentale. Purtroppo, però, tanto più il carcere diventa impermeabile rispetto alla vita normale, tanto più è difficile che possa assolvere al meglio la sua funzione di reinserimento sociale delle persone».

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Il direttore

quarant'anni di lavoro in carcere

di Luigi Pagano

editore: Zolfo Editore

pagine: 304

“Non so se Luigi Pagano conoscesse per nome tutti i 1.800 detenuti che c’erano in quel momento a San Vittore, ma certamente conosceva le loro storie, criminali e personali, conosceva le loro emozioni, i loro turbamenti, le loro esigenze” Alfonso Sabella
18,00

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