La pacchia è una pallottola calibro 12
Quando una vita viene falciata, restano solo le parole. Solo le parole diventano importanti. Già, ma quali? Chiamate a descrivere le circostanze di una morte datata 2 giugno 2018, festa della Repubblica, le parole kafkiane della burocrazia hanno aggiunto afasia all’orrore. Quel giorno il neoministro dell’Interno Matteo Salvini decretò sull’immigrazione: «La pacchia è inita». Quello stesso giorno, in Calabria, nella piana di Gioia Tauro, Soumaila Sacko, 29 anni, nato in Mali, fornito di regolare permesso di soggiorno, venne ucciso a fucilate mentre prelevava lamiere da una fabbrica dismessa per costruire una baracca.
Le prime parole del comunicato della prefettura sulle circostanze spiegarono che Soumaila Sacko era stato «attinto da colpi di fucile da parte di ignoti».
Scarica l'allegato per leggere l'articolo di Piero Melati per La Repubblica
Le prime parole del comunicato della prefettura sulle circostanze spiegarono che Soumaila Sacko era stato «attinto da colpi di fucile da parte di ignoti».
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La pacchia
vita di Soumaila Sacko, nato in Mali, ucciso in Italia
di Bianca Stancanelli editore: Zolfo Editore
pagine: 176
Il 2 giugno 2018, festa della Repubblica, in una fornace abbandonata nelle campagne calabresi, un giovane africano viene ucciso con una fucilata alla testa. Si chiamava Soumaila Sacko, aveva 29 anni, veniva dal Mali. Con due amici stava raccogliendo lamiere per tirar su una baracca nel ghetto dei braccianti neri della piana di Gioia Tauro.Proprio quel giorno, mentre il giovane viene colpito a morte, Matteo Salvini, appena nominato ministro dell’Interno, scandisce in un comizio a Vicenza il suo slogan contro gli immigrati: «La pacchia è finita».Rimbalzando nell’estremo Sud, quella frase diventa il sigillo tragico e beffardo sulla morte di un uomo che, come migliaia di altri africani, lavorava per una paga da fame in un’Italia dove molte sono le pacchie, e nessuna ha per protagonisti i migranti.
editore: Zolfo Editore
pagine: 176
Il 2 giugno 2018, festa della Repubblica, in una fornace abbandonata nelle campagne calabresi, un giovane africano viene ucciso con una fucilata alla testa. Si chiamava Soumaila Sacko, aveva 29 anni, veniva dal Mali. Con due amici stava raccogliendo lamiere per tirar su una baracca nel ghetto dei braccianti neri della piana di Gioia Tauro.Proprio quel giorno, mentre il giovane viene colpito a morte, Matteo Salvini, appena nominato ministro dell’Interno, scandisce in un comizio a Vicenza il suo slogan contro gli immigrati: «La pacchia è finita».Rimbalzando nell’estremo Sud, quella frase diventa il sigillo tragico e beffardo sulla morte di un uomo che, come migliaia di altri africani, lavorava per una paga da fame in un’Italia dove molte sono le pacchie, e nessuna ha per protagonisti i migranti.
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