Il buio oltre la siepe calabra
Il giorno è il 2 giugno,festa della Repubblica. Le scene sono tre. La prima: tre ragazzi neri che attraversano la rigogliosa campagna calabrese tempestata di ulivi.
La seconda: uno di loro è a terra, a faccia in giù dentro il suo sangue.
La terza scena: un ministro dell’Interno che, a 866 chilometri di distanza da quel corpo immobile, urla: «La pacchia è finita».
SCARICA L'ALLEGATO qui sotto per leggere l'articolo di Attilio Bolzoni per Robinson Repubblica
La seconda: uno di loro è a terra, a faccia in giù dentro il suo sangue.
La terza scena: un ministro dell’Interno che, a 866 chilometri di distanza da quel corpo immobile, urla: «La pacchia è finita».
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La pacchia
vita di Soumaila Sacko, nato in Mali, ucciso in Italia
di Bianca Stancanelli editore: Zolfo Editore
pagine: 176
Il 2 giugno 2018, festa della Repubblica, in una fornace abbandonata nelle campagne calabresi, un giovane africano viene ucciso con una fucilata alla testa. Si chiamava Soumaila Sacko, aveva 29 anni, veniva dal Mali. Con due amici stava raccogliendo lamiere per tirar su una baracca nel ghetto dei braccianti neri della piana di Gioia Tauro.Proprio quel giorno, mentre il giovane viene colpito a morte, Matteo Salvini, appena nominato ministro dell’Interno, scandisce in un comizio a Vicenza il suo slogan contro gli immigrati: «La pacchia è finita».Rimbalzando nell’estremo Sud, quella frase diventa il sigillo tragico e beffardo sulla morte di un uomo che, come migliaia di altri africani, lavorava per una paga da fame in un’Italia dove molte sono le pacchie, e nessuna ha per protagonisti i migranti.
editore: Zolfo Editore
pagine: 176
Il 2 giugno 2018, festa della Repubblica, in una fornace abbandonata nelle campagne calabresi, un giovane africano viene ucciso con una fucilata alla testa. Si chiamava Soumaila Sacko, aveva 29 anni, veniva dal Mali. Con due amici stava raccogliendo lamiere per tirar su una baracca nel ghetto dei braccianti neri della piana di Gioia Tauro.Proprio quel giorno, mentre il giovane viene colpito a morte, Matteo Salvini, appena nominato ministro dell’Interno, scandisce in un comizio a Vicenza il suo slogan contro gli immigrati: «La pacchia è finita».Rimbalzando nell’estremo Sud, quella frase diventa il sigillo tragico e beffardo sulla morte di un uomo che, come migliaia di altri africani, lavorava per una paga da fame in un’Italia dove molte sono le pacchie, e nessuna ha per protagonisti i migranti.
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