Corriere della Sera "Tanto tu torni sempre", il libro su Ines Figini
Lo ripeterà per tutta la vita: «Se non avessi seguito il mio istinto, se mi fossi fermata un attimo a ragionare...» Ines Figini non era ebrea. Non era partigiana. E neppure dichiaratamente antifascista. Eppure il 17 marzo del 1944, a 22 anni, sale su un treno con destinazione Mauthausen. Deportata per aver osato dire «o tutti o nessuno».
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Tanto tu torni sempre
Ines Figini. La vita oltre il lager
di Giovanna Caldara, Mauro Colombo editore: Zolfo Editore
pagine: 216
Quando fu deportata Ines Figini aveva meno di 22 anni. Non era ebrea, partigiana o antifascista, ma si era schierata a favore di alcuni compagni di lavoro durante uno sciopero. Così finì nei lager di Mauthausen, Auschwitz-Birkenau e Ravensbrück e infine in un ospedale militare, dove trascorse un anno e mezzo.Ha atteso più di cinquant’anni prima di parlare in pubblico della sua vicenda, ora raccontata in questo libro. È la storia di una famiglia ma è anche una storia di fabbriche; e di una città, Como, punto strategico per le forze nazifasciste. Di treni che partivano per mete ignote e di luoghi in cui l’umanità si divideva tra vittime e carnefici, fino a negare se stessa. È la storia di una persona a cui il lager non ha rubato l’anima. Che ogni anno è tornata là dove era stata reclusa. E che, pur ricordando, nonostante tutto, ha perdonato.
editore: Zolfo Editore
pagine: 216
Quando fu deportata Ines Figini aveva meno di 22 anni. Non era ebrea, partigiana o antifascista, ma si era schierata a favore di alcuni compagni di lavoro durante uno sciopero. Così finì nei lager di Mauthausen, Auschwitz-Birkenau e Ravensbrück e infine in un ospedale militare, dove trascorse un anno e mezzo.Ha atteso più di cinquant’anni prima di parlare in pubblico della sua vicenda, ora raccontata in questo libro. È la storia di una famiglia ma è anche una storia di fabbriche; e di una città, Como, punto strategico per le forze nazifasciste. Di treni che partivano per mete ignote e di luoghi in cui l’umanità si divideva tra vittime e carnefici, fino a negare se stessa. È la storia di una persona a cui il lager non ha rubato l’anima. Che ogni anno è tornata là dove era stata reclusa. E che, pur ricordando, nonostante tutto, ha perdonato.
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