La notte della civetta di Piero Melati letto da Gilda Terranova
La notte della civetta di Piero Melati (Zolfo editore, 2020) è uno di quei libri che non riesci a chiudere, a mettere da canto con facilità. Ci pensi, ci ripensi, ti arrovelli, ritorni indietro a quel passo che avevi sottolineato, rileggi. Aspetta! Com’era? Credevi di aver capito e invece no; ti erano sfuggite ancora troppi dettagli, pezzi di surreali biografie palermitane che non ricordavi più. Una, per esempio, è quella dell’agente Natale Mondo, morto per ben tre volte. La prima per accusa di tortura, la seconda per accusa di tradimento e la terza morto per davvero, ammazzato da Cosa Nostra il 14 gennaio 1988.
Due domande ricorrono ossessive in tutto il libro: quand’è che si è fottuta la Sicilia? Si potrà cambiare il finale de Il giorno della civetta? Fata Morgana qualche volta fa brutti scherzi al giornalista: approfitta della caligine estiva e della stanchezza di chi consuma le suole su strade roventi, con un taccuino in mano e una manciata di gettoni nelle tasche. Sarà vero? Avrò visto giusto? Ma è possibile mai che sia andata così? Melati, gloriosa scuola del giornale L’ora, in questa «strana storia» mischia generi e linguaggi, è un personaggio senza nome ma ci avverte subito: questa non è di per sé garanzia di verità. Che storia è la sua? La definisce per negazione: non è auto-fiction, non diario intimo, né memoir e tanto meno confessione. Prova a smarcarsi ma forse La notte della civetta è tutte queste cose insieme e anche di più. Le pagine sul centro storico ripopolato dai giovani negli anni Settanta, su Mondello d’estate allora o sui ragazzi, sulle “tacche” di Villa Sperlinga non sono forse tessere di quel puzzle in fieri del romanzo palermitano di cui qualche critico ogni tanto lamenta l’assenza? Oltre all’autore, i personaggi chiave sono tre: Ninni Cassarà, Rocco Chinnici e Boris Giuliano.
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La notte della civetta
storie eretiche di mafia, di Sicilia, d'Italia
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