Giovani "spaesati", da Sud al Nord in cerca lavoro
Dopo il diploma e i primi anni di università molti di noi si accorsero che non c'erano alternative. Per trovare lavoro bisognava fare la valigia, non più di cartone, e andare al Nord. I primi furono i vincitori di concorso. Poste, Ferrovie, cancellerie di tribunali, uffici pubblici statali, ma anche provinciali e comunali. La speranza, più che altro l'illusione, era di rimanere qualche anno fuori casa e infine riuscire a ottenere un trasferimento in Sicilia", osserva il giornalista Enzo D'Antona. Ma chi sono questi "cervelli in fuga dal Sud"? Quali sono le loro storie? Come hanno vissuto la quotidianità di quella che il cronista definisce una vera e propria "deportazione"? Le risposte a queste domande le possiamo trovare nel suo libro "Gli spaesati. cronache del nord terrone", in distribuzione dal 26 novembre. "Nei ventuno anni che vanno grosso modo dalla strage di piazza Fontana all'inizio di Tangentopoli, tra il 12 dicembre 1969 e il 17 febbraio 1992, c'è stato per la prima volta nella piccola storia della Sicilia rurale, l'esodo di massa di giovani diplomati e laureati. L'inizio dell'emigrazione borghese", ricorda l'autore. Con uno stile asciutto, pervaso da una sottile ironia, D'Antona, ex redattore del glorioso quotidiano L'Ora, poi approdato al settimanale Il Mondo a Milano, e successivamente a Repubblica, alla Città di Salerno e infine alla direzione del Piccolo di Trieste fino all'anno scorso, traccia l'identikit e narra le odissee di un gruppo giovani di un paese dell'entroterra siciliano emigrati al Nord dagli anni Settanta ai Novanta.
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Gli spaesati
cronache del nord terrone
di Enzo D'Antona editore: Zolfo Editore
pagine: 200
“Noi saremo sempre spaesati. Noi non siamo partiti per vedere il mondo, siamo partiti perché avevamo bisogno di un lavoro.
In questi anni non siamo stati a casa nostra e non lo saremo mai perché questa casa non c’è più”
editore: Zolfo Editore
pagine: 200
“Noi saremo sempre spaesati. Noi non siamo partiti per vedere il mondo, siamo partiti perché avevamo bisogno di un lavoro.
In questi anni non siamo stati a casa nostra e non lo saremo mai perché questa casa non c’è più”
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